Avevo 5 anni: ero nel retro in uno studio fotografico seduta davanti ad uno sgangherato pianoforte. Probabilmente l'odore forte dei solventi per la stampa delle fotografie mi fece svenire; galeotte furono allucinazioni con immagini che roteavano cambiando di foggia come se fossero fatte di suono mentre mi trasportavano all'ospedale. La sera stessa mio padre mi disegnò sulla copertina della cartella clinica cinque righe, una chiave e le sette note sul pentagramma dicendomi che erano state loro a disegnare le mie meravigliose allucinazioni.